Come previsto dai dati preliminari raccolti attraverso colloqui con diversi responsabili di crematori italiani, la cremazione è in forte crescita. Non si tratta del solito trend, ma di un vero e proprio raddoppio. Se le stime attuali saranno confermate, nel 2011 le cremazioni supereranno le 80.000 unità, raggiungendo una percentuale del 14%. Dopo Gran Bretagna, Germania, Francia e Repubblica Ceca, Spagna e Italia si trovano ora appaiate per numero di cremazioni annuali. Considerando anche le circa 20.000 cremazioni di resti mortali annue, l’Italia ha superato le 100.000 cremazioni all’anno, posizionandosi subito dopo i principali paesi europei, con prospettive di ulteriore crescita.
La crisi economica attuale inciderà significativamente sull’aumento delle cremazioni per vari motivi:
1. Le famiglie, in tempi di crisi, tendono a scegliere soluzioni funebri percepite come meno costose.
2. Le imprese funebri promuovono la cremazione, vedendo in essa un’opportunità per incrementare i ricavi a scapito dei servizi cimiteriali.
3. La liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali faciliterà l’installazione e la gestione di nuovi crematori.
Dai colloqui con operatori del settore emerge che anche nel Sud Italia si prospetta l’apertura di nuovi impianti di cremazione in regioni come Puglia, Campania, Sicilia e Calabria, riducendo così il gap infrastrutturale esistente. Questi segnali, seppur timidi, sono sempre più evidenti, e si prevede che nei prossimi cinque anni si potrà contare su un numero significativo di nuovi impianti al Sud, il che favorirà ulteriormente la crescita della cremazione.
Mentre la cremazione continua a crescere, la tumulazione è in declino, soprattutto nel Nord Italia, dove la richiesta di nuovi loculi è in calo. Dopo oltre mezzo secolo, si osserva un eccesso di offerta di manufatti. Nel Centro e Sud Italia, la costruzione di loculi regge, sostenuta dal project financing cimiteriale. La crisi della tumulazione al Nord è aggravata dall’aumento delle tariffe, ora più vicine ai costi reali di investimento e gestione. Durante la seconda metà del Novecento, infatti, la tumulazione è stata favorita da tariffe politiche, ma con l’attuale riallineamento dei prezzi, la cremazione appare più conveniente.
Anche se in calo, l’inumazione resiste, soprattutto al Nord. Al Sud e talvolta al Centro, invece, è percepita come una sepoltura di basso livello e viene rifiutata, con la conseguente quasi scomparsa dei campi comuni nei cimiteri.
Con la diminuzione delle concessioni cimiteriali, anche le entrate dei cimiteri stanno calando. È quindi necessario ridurre i costi fissi, come il personale operativo, e aumentare l’uso di sistemi automatizzati per l’apertura e chiusura dei cancelli cimiteriali. È consigliabile esternalizzare le operazioni di esumazione ed estumulazione e trasformare i costi fissi in variabili, abbassando così il punto di pareggio.
Sul fronte dei ricavi, è opportuno contenere l’aumento delle tariffe, offrire nuove soluzioni di sepoltura a prezzi intermedi e facilitare i rinnovi delle concessioni cimiteriali. Si dovrebbero anche recuperare le concessioni scadute o decadute per reinserirle nel circuito delle assegnazioni.
In Italia, manca spesso la capacità di collaborare su progetti comuni, ma la crisi attuale richiede un approccio cooperativo per superare le difficoltà. La condivisione di servizi tra comuni, lo scambio di esperienze positive e la diffusione di lezioni apprese da errori passati potrebbero essere la chiave per salvaguardare il sistema cimiteriale. Lo stesso vale per il settore funebre, che deve trovare un dialogo costruttivo con il comparto cimiteriale per affrontare la liberalizzazione in corso.
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 1/2012.
È crisi!